ArticoloIl Sole 24 OreNewsRimborsi Iva trimestrali – Platea allargata

Se il contribuente paga gli avvisi di accertamento o di rettifica ricevuti, senza far scattare alcuna attività di riscossione da parte dell’Amministrazione finanziaria, viene considerato non “a rischio”, quindi, non è tenuto a presentare la garanzia per i rimborsi Iva, trimestrali o annuali, superiori a 15.000 euro. A chiarirlo è la circolare 22 luglio 2016, numero 33/E, che ha superato l’orientamento espresso nella circolare numero 32/E/2014 e che influenzerà la presentazione del modello Iva TR per la richiesta di rimborso/compensazione del credito Iva relativo al secondo trimestre 2016 in scadenza il prossimo 22 agosto 2016 (31 luglio se si desidera a compensare già dal 16 agosto più di 5.000 euro).

Garanzia Anche per i rimborsi Iva infrannuali, come quelli annuali, di ammontare superiore a 15.000 euro è necessario presentare l’apposita garanzia, tra gli altri casi, se la richiesta viene effettuata da soggetti passivi ai quali, nei 2 anni antecedenti, «sono stati notificati avvisi di accertamento o di rettifica» (sia ai fini Iva, sia per altri tributi amministrati dall’agenzia delle Entrate) da cui risulti, per ciascun anno, una differenza tra gli importi accertati e quelli dell’imposta dovuta o del credito dichiarato superiore alle percentuali indicate nell’articolo 38-bis, comma 4, lettera b) Dpr 600/1972. Con la circolare 33/E/2016, l’agenzia delle Entrate ha chiarito che «l’avvenuto integrale soddisfacimento della pretesa erariale nei termini di legge», senza far scattare alcuna attività di riscossione e tramite il versamento spontaneo di quanto richiesto (anche con istituti di definizione agevolata) consente di rimuovere il suddetto effetto pregiudizievole relativo alla notifica dell’avviso di accertamento. Per il Fisco, infatti, il pagamento di quanto richiesto dalle Entrate è preferibile rispetto al decorso del biennio previsto dalla norma per ricostituire l’affidabilità del contribuente. In altre parole, se il contribuente soddisfa integralmente le proprie pendenze, viene “reintegrato” tra i contribuenti non “a rischio”, quindi, non è tenuto a presentare la garanzia per il rimborso Iva trimestrale superiore a 15.000 euro. L’esonero della presentazione della garanzia ai fini del rimborso Iva trimestrale (o annuale), vale anche con riferimento agli obblighi di garanzia nell’ambito della disciplina dell’Iva di gruppo di cui all’articolo 73, dpr n. 633/1972. La garanzia non è obbligatoria, ma considerando che il credito supera i 15.000 euro, comunque, è necessaria l’apposizione del visto di conformità nel modello TR (o nella dichiarazione annuale, per le richieste del credito annuale), come accade in questi casi per tutti i cosiddetti contribuenti non “a rischio”.

Sospensione del credito In base all’articolo 23 del Dlgs 472 del 1997, l’amministrazione finanziaria può sospendere il pagamento di qualunque credito chiesto a rimborso, se è stato notificato un «atto di contestazione o di irrogazione della sanzione». In presenza di un «provvedimento definitivo», può addirittura compensare questi importi con le “sanzioni” dovute dal contribuente. Dal primo gennaio 2016, questa norma relativa alla “sospensione” e alla “compensazione” dei rimborsi, anche Iva, causati dai cosiddetti “carichi pendenti”, non riguarda più solo le sanzioni, ma «tutti gli importi dovuti in base all’atto», quindi, anche le imposte e gli interessi dovuti. Ad esempio, anche il credito Iva del secondo trimestre, chiesto a rimborso, potrebbe essere non pagato al contribuente, ma utilizzato dalle Entrate per compensare non solo le sanzioni, ad esempio di un avviso di accertamento (divenuto definitivo), ma anche le imposte e gli interessi richiesti in pagamento in questo atto. Nella circolare 22 luglio 2016, numero 33/E, l’agenzia ha chiarito che, per le «comunicazioni di irregolarità», l’erogazione del rimborso deve avvenire (quindi, non viene sospeso dall’articolo 23, Dlgs 472/1997), se non sono ancora decorsi i 30 giorni dal ricevimento della comunicazione ovvero se il contribuente ha rateizzato la somma richiesta (senza omissioni di rate). Relativamente alle rateizzazioni in corso per gli accertamenti con adesione, per le acquiescenze, per le conciliazioni giudiziali, per i reclami/mediazioni e per gli avvisi di liquidazione delle dichiarazioni di successione, le rate non pagate non sono considerate carichi pendenti ai fini della sospensione dei rimborsi Iva, ad eccezione delle ipotesi in cui l’omesso o il ritardato pagamento di rate comporti la decadenza dal beneficio della rateazione. Per gli accertamenti con adesione, le acquiescenze i reclami/mediazioni e gli avvisi di liquidazione delle dichiarazioni di successione, il lieve inadempimento (articolo 15-ter, commi 3, Dpr 602/1973) non determina la decadenza dalla rateazione, ma comporta comunque l’iscrizione a ruolo, quindi, l’importo iscritto viene considerato un carico pendente ai fini della sospensione dei rimborsi. Non si hanno “carichi pendenti” neanche nei casi in cui si proceda alla riammissione dei piani di rateazione in base all’articolo 1, commi 134-138, della legge 208/2015.

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 29 luglio 2016

 

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