Persone fisiche, redditi 2017 – Tabloid

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School bonus, per due anni credito d’imposta al 65%

 Le erogazioni liberali in denaro effettuate nel 2016 agli istituti scolastici, pubblici e privati, finalizzate alla realizzazione di nuove strutture scolastiche, alla manutenzione e al potenziamento di quelle esistenti o a interventi per l’occupabilità degli studenti, per le quali spetta il nuovo credito d’imposta del 65% (introdotto dalla riforma della scuola), devono essere indicate nel rigo CR15, colonna 1, del modello Redditi 2017 PF. Considerando che il credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo, un terzo del 65% della donazione va riportato nel rigo RN30, colonna 4 (rata del credito spettante nel 2016), per la riduzione dell’Irpef dovuta . Soggetti e interventi agevolati Sono interessate al bonus le persone fisiche, gli enti non commerciali e i soggetti titolari di reddito d’impresa (quindi, ditte individuali, snc, sas, srl, spa, sapa e coop), le quali possono beneficiare del credito d’imposta del 65% (il 50% si applicherà alle erogazioni del 2018) delle erogazioni liberali in denaro, a favore di qualunque istituto (scuole statali e quelle paritarie private), a patto che siano destinati alla realizzazione di nuove strutture scolastiche, alla manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e al sostegno a interventi che migliorino l’occupabilità degli studenti. Misura del bonus Il credito d’imposta è del 65% per le erogazioni effettuate nel 2016 e nel 2017 e del 50% per quelle del 2018. L’importo massimo delle erogazioni agevolate è di 100mila euro per ciascun periodo d’imposta del triennio 2016-2018. Quindi, per il 2016 e 2017, il credito massimo è di 65mila euro per ciascun anno e per il 2018 è di 50mila euro. Utilizzo del bonus Il credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione in F24 solo dai soggetti titolari di reddito d’impresa (codice tributo 6873, istituito con la risoluzione 19 dicembre 2016, n. 115/E; circolare 18 maggio 2016, n. 20/E). Le persone fisiche, non imprenditrici potranno usare il credito solo in modo verticale, cioè solo per ridurre i debiti tributari generati dal modello Redditi (non Iva, Irap o 770), cioè l’Irpef. Il credito d’imposta per le erogazioni alle scuole (school bonus), è soggetto al generale limite di utilizzo di 250mila euro, più 700mila euro (al netto delle compensazioni in F24, se soggetto anche a questo limite), previsto per tutti i crediti da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi. Complessivamente, infatti, tutti questi crediti possono essere utilizzati nel limite annuale di 250mila euro, il quale va sommato a quello di carattere generale di 700mila euro (solo per la parte non già utilizzata in F24, se soggetto anche a questo limite). Questo limite massimo compensabile di 950mila euro opera non già come limite interno su ciascun singolo credito d’imposta, ma come limite complessivo sulla massa dei crediti d’imposta della specie (risoluzione 3 aprile 2008, n. 9/DF). Relativamente alle compensazioni orizzontali in F24, peraltro, il credito d’imposta sulla scuola non è soggetto al limite annuale dei 700mila euro, previsto dall’articolo 25, comma 2, decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, in quanto trattasi di credito nascente dall’applicazione di discipline agevolative sovvenzionali, consistenti appunto nell’erogazione di contributi pubblici sotto forma di crediti compensabili con debiti tributari o contributivi (risoluzione 3 aprile 2008, n. 9/DF, circolare 18 settembre 1998, 219/E e risoluzione 24 maggio 1999, n. 86/E). Non è soggetto neanche alla limitazione prevista dall’articolo 31 del decreto legge 78/2010, che vieta la compensazione in F24 dei crediti relativi alle imposte erariali, in presenza di debiti iscritti a ruolo, per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro (circolare n. 13/2011). La circolare 18 maggio 2016, n. 20/E, ha riportato tutti questi chiarimenti sui limiti di utilizzo e/o compensazione in F24 dello school bonus anche al credito d’imposta del 30% sulle spese sostenute nel triennio 2014-2016 per gli interventi edilizi, per il risparmio energetico e per l’arredamento degli alberghi, dei villaggi albergo, delle residenze turistico-alberghiere e degli alberghi diffusi (articolo 10, commi da 1 a 4 e 7, del decreto legge 31 maggio 2014 n. 83).

 

Premio del 100% per la videosorveglianza

La dichiarazione dei redditi del 2016 è stata aggiornata anche con altri due nuovi bonus applicabili nel 2016. Si tratta della detrazione del 65% per gli impianti di riscaldamento controllati da remoto (utilizzabile per le spese sostenute anche nel 2017) e del credito d’imposta del 100% sulle spese sostenute nel 2016 per l’installazione di sistemi di videosorveglianza digitale o allarme e per la loro connessione a istituti di vigilanza. Risparmio energetico Il modello Redditi PF 2017 è stato aggiornato con la nuova possibilità di detrarre al 65% la spesa per l’acquisto e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento o produzione di acqua calda o di climatizzazione delle unità abitative, finalizzati anche ad aumentare la consapevolezza dei consumi energetici e a garantire il funzionamento efficiente degli impianti. Il pagamento deve essere effettuato con bonifico “parlante” nel 2016 (il bonus è stato prorogato anche per il 2017). Va utilizzato il nuovo codice 7 nei consueti righi da RP61 a RP64 di Redditi PF 2017, dedicati al bonus del risparmio energetico. Videosorveglianza Nel rigo CR17 del modello Redditi PF 2017, relativo al 2016, vanno inseriti i dati per beneficiare del credito d’imposta del 100% sulle spese, sostenute nel 2016 dalle persone fisiche non nell’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa, per l’installazione di sistemi di videosorveglianza digitale o allarme, nonché per quelle connesse ai contratti stipulati con istituti di vigilanza, dirette alla prevenzione di attività criminali. Con il provvedimento del 30 marzo 2017, l’agenzia delle Entrate ha stabilito che la quota del credito d’imposta spettante per le spese sostenute nel 2016 è pari al 100% dell’importo richiesto nell’istanza presentata entro il 20 marzo 2017. Evidentemente le istanze presentate sono state poche e i fondi stanziati sono bastati (15 milioni di euro). Ciò può essere giustificato dal fatto che i criteri e le procedure per l’accesso al credito d’imposta (valido solo per le spese sostenute nel 2016) sono stati definiti dal Mef solo con il decreto 6 dicembre 2016 e quest’ultimo è stato pubblicato in Gazzetta solo il 22 dicembre 2016. Questo decreto, ad esempio, ha stabilito che le spese ammissibili sono solo quelle sostenute in relazione a immobili non utilizzati nell’esercizio dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo. In caso di immobili adibiti promiscuamente all’esercizio d’impresa o di lavoro autonomo e all’uso personale o familiare del contribuente, il credito d’imposta è ridotto della metà. Il credito d’imposta sulla videosorveglianza non è cumulabile con altre agevolazioni aventi a oggetto le medesime spese. Le modalità e i termini di presentazione dell’istanza, poi, sono stati definiti solo con il provvedimento del 14 febbraio 2017. L’istanza doveva contenere il codice fiscale del contribuente, quello del fornitore del bene o del servizio agevolato, il numero, la data e l’importo delle fatture dei beni e dei servizi acquisiti, comprensivo dell’Iva, specificando se si tratta di immobili promiscui. L’istanza doveva essere trasmessa telematicamente alle Entrate dal 20 febbraio al 20 marzo 2017, utilizzando il software «Creditovideosorveglianza», disponibile sul sito internet dell’agenzia. Il credito d’imposta deve essere indicato nel modello Redditi PF 2017 e può essere utilizzato in compensazione in F24, dal 30 marzo 2017. Il modello F24 di compensazione può essere inviato solo tramite i servizi telematici offerti delle Entrate (Entratel o Fisconline), pena il rifiuto dello stesso. In alternativa, è possibile utilizzarlo in diminuzione delle imposte dovute in base alla dichiarazione relativa al 2016. L’eventuale eccedenza del credito d’imposta non utilizzata potrà essere fruita nei periodi di imposta successivi senza alcun limite temporale.

 

Modello semplificato, ma molto resta da fare

Eliminazione del tax day del 16 giugno (che rimane solo per l’Imu e la Tasi, mentre il pagamento delle imposte delle dichiarazioni dei redditi relative al 2016 vanno al 30 giugno 2017). Anticipo di circa due mesi dell’uscita della versione definitiva del programma Gerico 2017, che consente di calcolare la congruità dei ricavi e dei compensi delle imprese e dei professionisti agli studi di settore. Infine, aumento dei dati disponibili nel modello Redditi PF precompilato, consultabile e modificabile nel sito dell’agenzia delle Entrate. Sono queste le novità positive che caratterizzano le dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche per l’anno 2016, che si auspica siano solo l’inizio di altre semplificazioni. La compilazione del modello Redditi PF 2017, infatti, continua a essere molto complicata e senza una profonda semplificazione della normativa primaria di riferimento, l’agenzia delle Entrate non può fare miracoli con i propri provvedimenti e la propria prassi (circolari e risoluzioni). Il Focus del Sole 24 Ore analizza le principali novità del modello che va utilizzato per le dichiarazioni di quest’anno.

 

Agevolate le case in classe energetica A o B

La detrazione dall’Irpef del 50% dell’Iva pagata sull’acquisto di unità immobiliari a destinazione residenziale, di classe energetica A o B, dovrà essere indicata nel nuovo rigo RP59 del modello Redditi PF 2017. Norma agevolativa Dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017, le persone fisiche possono detrarre dall’Irpef il 50% dell’Iva pagata nel 2016 e/o nel 2017 per l’acquisto dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017 di immobili a destinazione residenziale, di classe energetica A o B (e relative pertinenze). Il bonus deve essere ripartito in dieci quote costanti nell’anno in cui sono state sostenute le spese e nei nove periodi d’imposta successivi. Abitazioni agevolate Sono agevolati solo gli acquisti di unità immobiliari a destinazione residenziale, di classe energetica A o B. Deve trattarsi, quindi, di abitazioni rientranti nella categoria catastale A, con esclusione della A/10. Sono agevolati anche gli acquisti di abitazioni cosiddette di lusso (A/1, A/8 e A/9). È irrilevante il fatto che l’acquirente destini l’unità immobiliare ad abitazione principale o che richieda di applicare l’aliquota Iva ridotta del 4%, al posto del 10% o del 22%, per l’acquisto della prima casa. L’Iva è obbligatoria solo quando l’impresa costruttrice (o ristrutturatrice), cede i fabbricati abitativi entro 5 anni dalla fine dei lavori. La cessione di fabbricati abitativi da parte delle imprese costruttrici, inoltre, può essere assoggettata ad Iva, anche dopo i 5 anni dalla conclusione dei lavori, purché l’impresa abbia manifestato espressamente l’opzione per la relativa imposizione (articolo 10, comma 1, n. 8-bis, Dpr 633/1972). Spesso, questa scelta viene effettuata dall’impresa per evitare di dover recuperare parte dell’Iva detratta per la costruzione dell’abitazione, a causa del meccanismo del pro-rata Iva decennale. Anche in questi casi, comunque, spetta la nuova detrazione Irpef del 50% dell’Iva pagata. Cumulo All’importo dell’Iva, per la quale il contribuente ha fruito della nuova detrazione, non può essere applicata la classica detrazione del 50% (36% dal 2018), prevista dall’articolo 16-bis, commi 1, lettera d), e 3, Tuir, per le spese sostenute per l’acquisto o assegnazione di immobili parte di edifici ristrutturati o per l’acquisto di box o posti auto pertinenziali. Ciò perché non è possibile far valere due agevolazioni sulla medesima spesa Ad esempio, per un bonifico nel 2016 di 208mila euro (200mila più Iva al 4% per “prima casa”), si ha diritto alla detrazione del 50% di 8mila euro e a quella del 50% sul 25% «del costo dell’immobile rimasto a suo carico», cioè di 204mila euro (208.000 – 4.000). Le stesse conclusioni valgono anche per le realizzazioni di un box pertinenziale, «acquistato contestualmente all’immobile agevolato». Si consideri, ad esempio, il caso di un contribuente che acquista da un’impresa costruttrice un’unità immobiliare, con le agevolazioni “prima casa”, e un box pertinenziale, per complessivi 200mila euro + Iva del 4% (totale 208mila). Il costo di realizzazione del box è di 10mila euro, più Iva di 400 euro (totale di 10.400 euro). Il contribuente potrà detrarre dall’Irpef: 4mila euro, pari al 50% dell’Iva di 8mila euro sull’acquisto dell’immobile, comprensivo della pertinenza; 5.100 euro, pari al 50% del costo di realizzazione del box, al netto dell’Iva portata in detrazione riferita a tale costo: (10.400 – 200) x 50% = 5.100 euro. Quindi, dai 10.400 euro (costo di realizzazione del box, comprensivo dell’Iva) vanno tolti solo i 200 euro della detrazione dell’Iva e non i 400 euro dell’intera Iva. Non è corretto, quindi, dire che non è possibile far valere due agevolazioni sulla medesima spesa, mentre è corretto dire che il bonus del Tuir si calcola sulle spese «sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti».

 

Premio per l’acquisto in leasing dell’abitazione principale

Il modello Redditi PF 2017 ha introdotto il nuovo rigo RP14 nel quadro relativo alle spese e oneri detraibili, per consentire di beneficiare della nuova detrazione Irpef del 19% sull’acquisto o sulla costruzione, tramite leasing, di abitazioni da adibire ad abitazione principale entro un anno dalla consegna, se si ha un reddito complessivo non superiore a 55mila euro e se non si è già titolari di diritti di proprietà su altri immobili a destinazione abitativa (articolo 15, comma 1, lettera i-sexies.1, Tuir). Questo incentivo è stato introdotto dalla legge di Stabilità 2016 dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2020. In particolare, nel rigo RP14 di Redditi PF 2017, la data della stipula del contratto di locazione finanziaria dell’immobile da adibire ad abitazione principale va riportata nella colonna 1, il numero di anno per cui si fruisce dell’agevolazione (1 per il 2016) nella colonna 2, l’importo dei canoni di leasing pagati nel 2016 (che non può superare il limite di 8mila euro annui, se alla data di stipula del contratto di leasing il contribuente aveva meno di 35 anni ovvero 4mila euro annui se a tale data il contribuente aveva un’età uguale o superiore a 35 anni) nella colonna 3 e il prezzo di riscatto pagato nel 2016 (che non può superare, rispettivamente 20mila euro o 10mila euro) nella colonna 4. Il contratto deve essere stipulato tra il 2016 e il 2020, ma una volta rispettata questa condizione, la detrazione opera per tutti i periodi d’imposta interessati dalla durata del contratto (circolare 4 aprile 2017, n. 7/E). Quindi, sono detraibili al 19% anche i canoni e il riscatto finale pagati dal 1° gennaio 2021 in poi. La limitazione temporale al 2020, inoltre, deve intendersi riferita ai contratti di leasing immobiliare abitativo stipulati entro la suddetta data, a prescindere dal fatto che la durata del leasing si protragga oltre il 31 dicembre 2020 (Guida Mef del marzo 2016, «Il leasing immobiliare abitativo»). Ambito soggettivo Possono beneficiare della nuova agevolazione fiscale solo i contribuenti che «all’atto della stipula del contratto di locazione finanziaria»: hanno un reddito complessivo non superiore a 55mila euro. Considerando che la norma richiede la verifica del basso reddito all’atto della stipula, questa va effettuata con riferimento all’anno in cui avviene la stessa e non relativamente a quello precedente. Va considerato l’intero anno e non solo il periodo che va dall’inizio dell’anno al momento della stipula; non sono già titolari di diritti di proprietà su immobili a destinazione abitativa. Non è possibile essere proprietari di altro immobile a destinazione abitativa, neppure in comproprietà o in regime di comunione legale (circolari 4 aprile 2017, n. 7/E e 1° marzo 2001, n. 19/E, paragrafo 2.1.3). Spetta il bonus, invece, per chi è titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile a destinazione abitativa come l’usufrutto, l’uso, l’abitazione o la superficie (nei casi di sopraelevazione di un preesistente edificio). Lo stesso vale per chi possiede diritti personali di godimento sull’immobile a destinazione abitativa, come l’inquilino e il comodatario. La verifica dell’età del contribuente agevolato (il quale ha un’agevolazione diversa se supera o meno i 35 anni) e del limite reddito deve essere effettuata all’atto della «stipula del contratto» di locazione finanziaria (circolare 4 aprile 2017, n. 7/E). Nel contratto di leasing va esplicitata l’intenzione dell’utilizzatore di adibire l’immobile ad abitazione principale entro un anno dalla consegna (circolare 4 aprile 2017, n. 7/E). Misura delle imposte indirette Relativamente alle imposte indirette applicabili sull’atto di acquisto dell’immobile da parte della società di leasing concedente (riaddebitate all’utilizzatore all’interno dei canoni di leasing, quindi, detraibili), se l’utilizzatore ha i requisiti per il bonus “prima casa”, l’imposta di registro è del 1,5% (minimo di 1.000 euro) e quelle ipotecaria e catastale sono fisse (50 euro ciascuna), se si acquista da privato (o da impresa in esenzione da Iva). Invece, se si acquista da un’impresa, con vendita soggetta a Iva, quest’ultima è del 4%, mentre le altre tre imposte indirette sono fisse (200 euro ciascuna). In tutti questi casi, la base imponibile è sempre il prezzo di vendita, perché alle compravendite di immobili abitativi effettuate nei confronti di società di leasing non è possibile estendere il meccanismo del “prezzo-valore” (valore catastale, solitamente usato per l’imposta di registro).

I PUNTI CHIAVE 01 oneri accessori Sono finanziati con il leasing (quindi, inseriti nei relativi canoni e pertanto detraibili al 19%) anche gli «oneri accessori», i quali sono i costi e le spese assolutamente necessari alla stipula del contratto di leasing, come ad esempio le spese di istruttoria per la concessione del leasing, la commissione spettante agli istituti per la loro attività di intermediazione, l’eventuale Iva e le altre imposte indirette dovute sull’atto di trasferimento dell’immobile acquistato dalla società di leasing, nonché le spese notarili (per l’acquisto dell’immobile da parte della società di leasing) e le spese peritali sull’immobile (circolare 20 aprile 2005, n. 15/E, risposta 4.4 e la Guida Mef sul «Il leasing immobiliare abitativo»)

02 le esclusioni La detrazione spetta anche per i costi di stipula del contratto di leasing, mentre, come accade anche per i mutui ipotecari, non spetta per gli oneri sostenuti per l’eventuale stipula di contratti di assicurazione sugli immobili e per gli eventuali costi di intermediazione sostenuti dalla società di leasing per l’individuazione e il reperimento dell’immobile richiesto dalla parte conduttrice, ribaltati sulla stessa (circolare 4 aprile 2017, n. 7/E)

 

Correzioni possibili su fatture e bonifici

Anche per la detrazione del 65% per gli interventi sul risparmio energetico, come per il bonus del 50% sulle ristrutturazioni, se la fattura è intestata a un soggetto che non ha pagato la spesa, l’errore può essere sanato, integrando il documento Iva con il nominativo del contribuente che l’ha sostenuta. Può capitare anche il caso in cui fattura e ricevuta del bonifico siano intestati a uno o più soggetti diversi rispetto a colui o a coloro che hanno sostenuto la spesa, in tutto o in parte. Se questi appartengono tra i potenziali aventi diritto, da un punto di vista soggettivo, cioè se sono i proprietari dell’immobile (anche non esclusivi), i titolari (anche non esclusivi) di un diritto reale di godimento sull’immobile (uso, usufrutto o abitazione) o di un diritto personale di godimento (come l’inquilino nella locazione o il comodatario nel contratto di comodato) ovvero dei familiari conviventi col detentore, la spesa può essere detratta da questi contribuenti, a patto che la fattura venga integrata con il loro nominativo e con l’indicazione della relativa percentuale di sostenimento della spesa (circolari 13 maggio 2011, n. 20/E e 4 aprile 2017, n. 7/E). Per l’agenzia delle Entrate, l’annotazione va fatta solo nella fattura, ma si ritiene preferibile integrare anche la ricevuta del bonifico.

Unico intestatario

Quindi, se la fattura e il bonifico sono intestati a un solo comproprietario o a un solo contitolare di un diritto reale di godimento sull’immobile (come l’uso, l’usufrutto o l’abitazione) o di un diritto personale di godimento, come l’inquilino nella locazione o il comodatario nel contratto di comodato (o a un solo familiare convivente di questi), mentre la spesa di ristrutturazione è sostenuta anche da altri soggetti, la detrazione spetta anche a questi ultimi (che non risultano indicati in questi due documenti), a patto che nella fattura venga annotata, anche a penna e successivamente alla sua emissione, la percentuale di spesa da questi sostenuta (circolare 13 maggio 2011, n. 20/E, paragrafo 2.1).

Doppio intestatario

Anche quando la fattura e il bonifico sono intestati a tutti i comproprietari o i contitolari di un diritto reale o personale di godimento sull’immobile (o familiari conviventi di questi), è possibile annotare nella fattura la percentuale di spesa sostenuta da parte degli stessi ovvero annotare che la spesa è stata sostenuta da un solo soggetto.

Intestatari diversi

Anche quando la fattura è intestata ad un soggetto, mentre la ricevuta del bonifico è intestata all’altro, è possibile annotare nella fattura la percentuale di spesa sostenuta da chi l’ha effettivamente pagata.

Conto cointestato

Si ritiene che tutte le suddette possibilità concesse di modificare il carico della spesa, collegandolo al soggetto non intestatario della copia del bonifico, siano possibili solo se il conto corrente di uscita del bonifico è cointestato tra l’intestatario della copia del bonifico e il soggetto a cui si vuole collegare la spesa, anche in parte. L’annotazione, infatti, non dovrebbe riguardare soggetti che non sono cointestatari del conto corrente di uscita del bonifico, seppur comproprietari, contitolari o familiari conviventi di questi. Solo con la cointestazione del conto corrente, infatti, si può dichiarare che le spese sono state «sostenute ed effettivamente rimaste a carico» di questi soggetti (articolo 16-bis, comma 1, Tuir).

 

I conviventi «partecipano» ai bonus edilizi e verdi

Dal 5 giugno 2016, possono usufruire della detrazione del 50% sugli interventi per il recupero del patrimonio edilizio (come di quelle del 65% sul risparmio energetico), come «familiari conviventi», anche i componenti, dello stesso sesso, di una unione civile. Questa agevolazione vale anche per i conviventi more uxorio di una convivenza di fatto, dal 1° gennaio 2016 grazie alla risoluzione 28 luglio 2016, n. 64/E, e alla circolare 7 aprile 2017, n. 8/E, risposta 3.2. Quindi, dalle date citate, se, prima dell’inizio dei lavori, questi soggetti convivevano con il familiare, detentore dell’immobile oggetto dei lavori, potevano usufruire dei bonus edilizi, per i pagamenti effettuati con bonifico “parlante”. L’agenzia delle Entrate, infatti, ha chiarito che anche se le convivenze di fatto sono possibili solo dal 5 giugno 2016, queste regole trovano applicazione per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016, considerando il «principio della unitarietà del periodo d’imposta». Per le unioni civili, invece, si parte solo dal 5 giugno 2016, cioè dalla data di entrata in vigore della legge Cirinnà (legge 20 maggio 2016 n. 76), relativa alla «regolamentazione delle unioni civili tra le persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze». La norma dice espressamente che tutte le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, si applichino «anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso». Questa equiparazione al matrimonio, invece, non c’è per le convivenze di fatto, ma molte disposizioni della legge Cirinnà legano in concreto il convivente con l’immobile destinato a dimora comune, quindi, secondo la risoluzione 28 luglio 2016, n. 64/E, anche i componenti di una convivenza di fatto possono essere considerati familiari conviventi, ai fini dei due bonus edilizi del 36-50% e del 55-65%. Pertanto, «la disponibilità dell’immobile» da parte del convivente more uxorio risulta insita anche nella convivenza di fatto, «senza necessità che trovi titolo in un contratto di comodato». Se non si è familiari o se non si convive con il familiare detentore prima dell’inizio dei lavori, infatti, l’unica possibilità per ottenere l’agevolazione del 36-50% (o la detrazione del 55-65%) è quella di possedere o detenere l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi, sulla base di un titolo idoneo (circolare 11 maggio 1998, n. 121/E, paragrafo 2.1; risoluzione 6 maggio 2002, n. 136/E). Ad esempio, può essere sottoscritto un contratto di comodato. L’agevolazione, infatti, spetta in generale anche al familiare convivente del proprietario, del nudo proprietario, del titolare di un diritto reale (uso, usufrutto, abitazione), dell’inquilino e del comodatario dell’immobile oggetto dell’intervento (o anche socio di cooperative o titolare di concessione demaniale), a patto che: sostenga le spese dell’opera; la convivenza nell’unità immobiliare su cui fare l’intervento (risoluzione n. 184/E/2002) esista già al momento in cui si attiva la procedura finalizzata all’esercizio della detrazione (risoluzioni n. 136/E/2002, n. 184/E/2002 e circolare n. 15/E/2005, paragrafo 7.2), che, da quando non vi è più la comunicazione al centro operativo di Pescara, coincide con il momento in cui iniziano i lavori (risoluzione n. 64/E/2016), il quale deve essere certificato da una «dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà» (articolo 47, dpr 445/2000), se la normativa non prevede alcun titolo abilitativo per lo specifico intervento agevolato al 36-50% (provvedimento 2 novembre 2011, n. 149646, punto 1 e circolare n. 19/E/2012). Ecco che se non si è familiari o manca la convivenza col familiare detentore, una delle soluzioni è la stipula di un contratto di comodato. Si ricorda che, per le istruzioni di Redditi PF, questo contratto dovrebbe essere registrato all’ufficio di registro, in quanto i relativi estremi vanno riportati nei relativi righi di Redditi PF. Si segnala, però, che il comodato verbale non sarebbe soggetto a registrazione (risoluzioni n. 14/E/2001 e n. 71/E/2006). Sulla non obbligatorietà della registrazione del contratto di comodato si segnalano le seguenti sentenze a favore del contribuente: Commissione tributaria provinciale di Forlì 1° aprile 2014, n. 179 e 1° luglio 2014, n. 387, oltre che di Como 28 maggio 2013, n. 43.

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 17 maggio 2017

 

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