Il modello Iva regolarizza il plafond

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L’esportatore abituale può regolarizzare l’acquisto di beni e servizi, senza applicazione dell’Iva oltre il limite del plafond disponibile, in tre modi: chiedendo al cedente di emettere una nota di variazione in aumento dell’Iva ovvero emettendo le autofatture, con apposite registrazioni nella dichiarazione Iva da trasmettere entro il 30 aprile o nella liquidazione periodica Iva. La nota di variazione Nel primo caso, può richiedere al cedente dei beni (o al prestatore del servizio) di emettere una nota di variazione in aumento dell’Iva non addebitata in fattura. Gli interessi e le sanzioni dell’articolo 7, comma 4, del Dlgs 471/1997 (dal 100% al 200% dell’imposta), comunque, restano a carico dell’acquirente, con la possibilità di avvalersi del ravvedimento. In questo caso, nella dichiarazione Iva dell’esportatore abituale, l’imponibile e l’imposta, risultanti dalla fattura emessa dal fornitore, devono essere indicati nel quadro VF, tra le operazioni passive, nel rigo corrispondente all’aliquota applicata (quindi, l’Iva che verrà pagata al cedente dal cessionario o dal committente, viene detratta da quest’ultimo). La fattura in precedenza emessa dal fornitore, in regime di non imponibilità, invece, non deve essere indicata dall’esportatore nel rigo VF14, relativo agli «acquisti e alle importazioni senza pagamento d’imposta, con utilizzo del plafond». In questa maniera, l’Iva addebitata dal cedente con la “fattura di sola Iva”, viene pagata dall’esportatore al cedente e quest’ultimo la versa all’Erario. L’esportatore la detrae nel quadro VF. L’autofattura Con il secondo metodo di regolarizzazione dello splafonamento, invece, l’esportatore abituale emette un’autofattura in duplice copia con gli estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo di protocollo delle fatture ricevute, l’ammontare eccedente il plafond e l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata. In questo caso, l’esportatore versa con l’F24 l’imposta e gli interessi con il codice tributo relativo al periodo in cui erroneamente è stato effettuato l’acquisto senza applicazione dell’Iva (ad esempio, per lo splafonamento di giugno, regolarizzato nei mesi successivi, usa il codice «6006»), mentre per le sanzioni deve usare il codice 8904 (il 100%, ridotto con il ravvedimento operoso, in base a quando si fa la regolarizzazione) (circolare 12 marzo 2010, n. 12/E, paragrafo 3.7). L’autofattura non viene inviata al cedente e in contabilità Iva dell’esportatore abituale va annotata nel registro degli acquisti (detraendone la relativa Iva). L’altra copia dell’autofattura va presentata all’ufficio locale delle Entrate. Nella dichiarazione Iva, l’esportatore abituale riporta l’imponibile e l’Iva dall’autofattura tra le operazioni passive del quadro VF, nel rigo corrispondente all’aliquota applicata. Conseguentemente, l’importo della fattura del fornitore emessa (o della bolla doganale rilasciata), in regime di non imponibilità, non deve essere indicato nel rigo VF14, relativo agli acquisti e alle importazioni senza pagamento d’imposta, con utilizzo del plafond (istruzioni al modello Iva 2018). L’Iva che l’esportatore abituale ha regolarizzato con il ravvedimento deve essere indicata nel rigo VE25 delle operazioni attive, relativo alle «variazioni e arrotondamenti d’imposta» (con segno più, Iva a debito) e va compresa nel rigo VL30, tra i versamenti effettuati (sia nel campo 2, sia nel campo 3). In questa maniera, l’Iva dell’autofattura va detratta (quadro VF) e il pagamento viene giustificato dall’inserimento nel rigo VE25 (e VL30). Le liquidazioni periodiche La terza possibilità di regolarizzazione può avvenire direttamente nelle liquidazioni periodiche Iva, tramite la contabilizzazione della maggiore imposta derivante dall’autofattura emessa e degli interessi dell’Iva a debito. Come nel punto precedente, il cessionario deve versare la sanzione con l’F24, presentare un esemplare dell’autofattura al competente ufficio locale dell’agenzia e annotare la stessa nel registro degli acquisti. In questo caso, la dichiarazione annuale deve rispettare i risultati contabili derivanti dalle modalità di regolarizzazione nelle liquidazioni Iva (circolare 12 giugno 2002, n. 50/E, paragrafo 24.2).

 

L’ESEMPIO DI COMPILAZIONE La società Italrossi Srl, nel mese di giugno 2017, ha effettuato uno splafonamento di 10mila euro. A settembre 2017, la società ha regolarizzato la violazione, emettendo due autofatture, con gli estremi del fornitore con cui è avvenuto lo splafonamento, i numeri di protocollo della fattura da lui emessa, l’importo oltre il plafond disponibile (10mila euro) e l’imposta dovuta su quest’ultimo (2.200 euro). La società annota un’autofattura nel registro Iva degli acquisti e presenta l’altra all’agenzia delle Entrate. Il 30 settembre 2017 versa l’Iva di 2.200 euro con codice tributo dell’Iva di giugno 2017 (6006), oltre che la sanzione e gli interessi legali dal 16 luglio al 30 settembre 2017 con ravvedimento operoso. Nel modello Iva 2018, relativo al 2017, l’imponibile e l’Iva dall’autofattura devono essere annotate tra le operazioni passive del quadro VF, nel rigo corrispondente all’aliquota applicata Inoltre, l’imposta regolarizzata di 2.200 va annotata nel rigo VE25 delle operazioni attive, relativo alle “variazioni e arrotondamenti d’imposta” (con segno più, Iva a debito). Questa Iva va compresa anche nel rigo VL30, tra i versamenti effettuati (sia nel campo 2, sia nel campo 3).

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 19 aprile 2018

 

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