Il credito si potrà cedere anche ai privati

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Dopo il flop del tentativo inserito nella legge di Stabilità 2016, il progetto della legge di bilancio per il 2017 amplia la possibilità di cedere le detrazioni Irpef o Ires sugli interventi di riqualificazione energetica e sismica dei condomìni. C’è da capire, però, se la nuova formula aiuterà davvero il decollo dei lavori. Vediamo prima i limiti della versione ora in vigore: dal 2016 a poter cedere l’ecobonus del 65% sono solo le persone fisiche nella no tax area , cioè i lavoratori dipendenti fino a 8mila euro di reddito annuo e i pensionati fino a 7.500 euro. Il problema è che anche chi dichiara di più potrebbe trovarsi nell’impossibilità di sfruttare il bonus, ad esempio perché ha altre detrazioni sulle spese mediche. E se è incapiente, voterà no ai lavori, bloccando la delibera in condominio; l’incapienza dev’essersi verificata nell’anno d’imposta precedente a quello in cui il condominio sostiene le spese. Inoltre, la volontà di cedere il bonus deve risultare dalla delibera che approva i lavori o da una successiva comunicazione inviata dai singoli proprietari al condominio. Tutti paletti che possono vanificare la riqualificazione, perché idealmente la volontà di cedere il credito dovrebbe già essere nota al fornitore nella fase di raccolta dei preventivi (quando però il condomino potrebbe non aver deciso o non sapere ancora di essere incapiente); la cessione può avvenire solo ai fornitori di beni o servizi del condominio. Ma qui ci si scontra con i problemi di liquidità delle imprese: dovendo pagare personale e materiali, il fornitore – se accetta il bonus – dovrà a sua volta farsi finanziare dalle banche, visto che potrà usare il credito in 10 anni in compensazione. Secondo il Ddl di bilancio, queste regole rimarranno valide nel 2017 per i condomìni che sfruttano l’ecobonus “standard” del 65 per cento. La formula di cessione “facilitata” del bonus sarebbe invece riservata ai condòmini che beneficeranno (dal 1° gennaio 2017 e fino al 31 dicembre 2021) dell’ecobonus del 70-75% o del sisma-bonus del 75-85 per cento. Questa tipologia di cessione, in particolare: non prevede limiti reddituali o soggettivi dei condòmini, quindi potrebbero cedere il bonus sia le persone fisiche non incapienti, sia le imprese e società, nei limiti in cui possono avere l’ecobonus su unità condominiali; dà la possibilità di cedere il credito sia a fornitori che hanno effettuato gli interventi sia ad altri soggetti privati (escluse banche e intermediari finanziari); prevede la possibilità, per questi ultimi cessionari, di effettuare una successiva cessione del credito a terzi. Per la cessione facilitata, il Ddl non impone la fruizione in capo al cessionario della detrazione in dieci quote annuali, ma ciò potrebbe essere previsto dal provvedimento delle Entrate, che già ora ne impone l’uso in compensazione e vieta la richiesta di rimborso. Nell’insieme la cessione del bonus pare più semplice. Resta qualche dubbio, però, sull’efficacia di questa formula in quei condomìni in cui il problema non è la diffusa incapienza, ma la mancanza di denaro da investire. Qui si potrà forse proporre al fornitore la cessione “in blocco” del credito (ad esempio, 70mila euro su un investimento di 100mila), sperando che lo stesso fornitore o altri soggetti – magari contattati dall’amministratore – siano in grado di proporre formule finanziarie per coprire i 30mila euro mancanti. Il che conduce a dire che probabilmente il modo migliore per favorire i lavori in condominio sarebbe sostenere la “bancabilità” delle spese di riqualificazione.

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 31 ottobre 2016

 

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