Anche il TFR è fuori dalla dichiarazione

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Non vanno dichiarate nel modello Unico o nel 730, né le retribuzioni non percepite (neanche se presenti nel modello di Certificazione unica), né il Tfr, le indennità di preavviso e le somme incassate per il patto di non concorrenza. Anche se il dipendente o l’amministratore di società hanno ricevuto, per il 2015, una certificazione unica con indicato l’importo della retribuzione annuale contrattualmente pattuita o del compenso deliberato, questi non devono essere dichiarati nel modello Unico o nel 730, nel caso in cui non siano stati percepiti entro il 12 gennaio 2016 (articoli 50, comma 1, lettera c-bis, e 51, comma 1, Tuir, circolare 5 febbraio 1997, n. 23/E). Questo principio di cassa vale anche nel caso in cui siano già state pagate erroneamente le ritenute d’acconto (Cassazione 12 febbraio 2010, n. 15). Successivamente, quando le retribuzioni verranno pagate, saranno assoggettate alla tassazione ordinaria, se il mancato pagamento iniziale era dipeso dalla volontà del datore di lavoro. Altrimenti, ad esempio, in caso di accertata situazione di grave dissesto finanziario dell’azienda (circolare 5 febbraio 1997, n. 23/E) o di una procedura concorsuale, beneficeranno della cosiddetta tassazione separata e non dovranno essere dichiarate nel modello Unico o nel 730. Sono assoggettati alla tassazione separata e non a quella ordinaria dell’Irpef progressiva anche gli importi percepiti a titolo di trattamento di fine rapporto (Tfr). Lo stesso vale per tutte le «altre indennità e somme percepite» una tantum a seguito della cessazione dei rapporti di lavoro dipendente, come le indennità di preavviso, le somme attribuite per un patto di non concorrenza, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro (articolo 17, comma 1, lettera a, Tuir). Tutti questi importi, quindi, non devono essere indicati nel modello Unico o nel 730, in quanto la tassazione separata viene già comunicata all’Agenzia da parte del datore di lavoro, tramite il modello Certificazione unica. Il datore deve applicare nel cedolino la ritenuta Irpef con le regole dell’articolo 23, comma 2, Dpr n. 600/1973 e l’ufficio delle Entrate provvederà a riliquidare questi redditi, chiedendo a Equitalia di inviare una vera e propria cartella esattoriale per la riscossione. Prima della cartella, però, l’Agenzia dovrebbe inviare al contribuente, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, i calcoli del conguaglio e l’omissione di questa comunicazione determina la «nullità del provvedimento di iscrizione a ruolo, indipendentemente dalla ricorrenza o meno di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» (Cassazione n. 12927/2016 e n. 11000/2014). Per il «patto di non concorrenza», però, questa regola non vale se le relative somme pattuite vengono erogate in costanza del rapporto di lavoro, ad esempio, con periodicità mensile o annuale. Non valgono neanche nei casi in cui il dipendente del settore privato, con un rapporto di lavoro in essere da almeno 6 mesi, abbia chiesto al datore di lavoro l’erogazione mensile, dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018, della quota di Tfr maturato, direttamente nelle buste paga, come parte integrante della retribuzione. Nei due casi descritti, infatti, la tassazione è ordinaria e non separata, quindi, l’importo maturato e pagato viene tassato a Irpef assieme allo stipendio dal datore di lavoro. Per le anticipazioni del Tfr già accantonato, invece, si ritorna alla regola classica del Tfr che è la tassazione separata.

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 28 giugno 2016

 

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