Voucher monouso, subito l’Iva ma non i ricavi in contabilità

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L’emissione obbligatoria della fattura al momento dell’emissione del buono-corrispettivo (voucher o gift card) monouso deriva dal fatto che, solo ai fini Iva, l’operazione si considera effettuata, ma ciò non consente dall’impresa emittente di registrare la base imponibile della fattura a ricavo dell’esercizio. L’articolo 2423-bis del Codice civile prevede, tra l’altro, che nella redazione del bilancio si deve tenere conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento. L’Oic 11 precisa che il principio di competenza comporta la correlazione dei costi ai ricavi: sono i costi che seguono i ricavi. Tuttavia, questo comporta la realizzazione del ricavo al quale sono poi agganciati i costi. L’emissione del voucher non comporta l’imputazione di un ricavo che si realizzerà solo al momento della cessione del bene o dell’ultimazione della prestazione, correlando i relativi costi di acquisto dei beni e/o dei servizi: si tratta di acconti, cioè debiti (Stato patrimoniale voce D.6 e Oic 19). Anche dal punto di vista fiscale le regole sono simili, fatte salve ipotesi particolari nel caso delle imprese che applicano la derivazione rafforzata: il riferimento è l’articolo 109, commi 1 e 2 del Tuir. In materia di imposte dirette il fisco si è pronunciato in tal senso con le risoluzioni 9/2940/81, 52/E/98 e 14/E/98. Con la prima è stata riconosciuta la deducibilità di costi di urbanizzazione non ancora sostenuti ma correlati a ricavi già conseguiti, mentre le risoluzioni del 1998 riguardano i costi di ripristino ambientale sostenuti alla chiusura delle discariche e le imprese che ritirano rifiuti e conseguono ricavi, mentre i costi di smaltimento delle giacenze finali sono sostenuti nell’esercizio successivo. Tuttavia, i casi citati si riferiscono a ricavi conseguiti, situazione che si verifica con il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà, assumendo quale parametro di riferimento il trasferimento di rischi e benefici e, per le prestazioni di servizi quando sono rese/effettuate: così il principio contabile Oic 15 con riferimento all’iscrizione dei relativi crediti. Nel caso dei voucher, invece, nessuna cessione o prestazione è stata eseguita e l’emissione della fattura al momento dell’emissione del buono-corrispettivo monouso deriva dal fatto che, solo ai fini Iva, l’operazione si considera effettuata: questo non consente all’impresa emittente di registrare il ricavo. Situazione analoga si verifica per gli appalti edili per i quali l’emissione della fattura segue le regole Iva, mentre la rilevazione dei ricavi segue le regole previste dall’articolo 2426, n. 11, del Codice civile e dal principio contabile Oic 23. Questo comporta la divergenza tra volume d’affari Iva e ricavi che dovrebbe essere riconciliata da parte delle imprese, innanzi tutto per esigenza interna, ma anche per prevenire eventuali richieste in tal senso in sede di verifica fiscale. Problematiche simili si verificano per l’iscrizione di ricavi e costi delle due parti nei contratti di consignment stock : tuttavia, in questo caso, la rilevazione del ricavo potrebbe precedere il volume d’affari Iva. Sono contratti in cui un’azienda trasferisce nel magazzino del proprio cliente determinati beni mantenendone la proprietà giuridica: il cliente preleva i beni in base alle proprie necessità e le fatture sono emesse al momento dei prelievi. Lo schema negoziale del consignment stock , utilizzato nel commercio internazionale, si basa sul trasferimento di beni di proprietà del fornitore presso un deposito del cliente, il quale ha la facoltà di effettuare prelievi in qualsiasi momento. Così il compratore ha il vantaggio di spostare in avanti il momento dell’uscita finanziaria, dato che, in assenza del prelievo, nonostante abbia la possibilità di ritirare la merce dal magazzino a suo piacimento, non è tenuto a effettuare pagamenti.

 

CONSIGNMENT STOCK Le problematiche Questi contratti hanno dato origine a problematiche in materia di Iva, relativamente ai rapporti con clienti esteri, oggetto di risoluzioni. Per il bilancio, invece, dovrebbero essere analizzate le clausole contrattuali, al fine di verificare, per esempio, quale delle due imprese ha il controllo dei beni, se il prezzo è stabilito al momento della consegna o poi e se il cliente ha la facoltà di restituzione degli stessi senza penale: in questo caso si può presumere che i beni non sono stati ceduti. In questi contratti deve essere verificato a quale delle due imprese sono riconducibili i principali benefici e rischi relativi ai beni, al di là del fatto che giuridicamente la prima impresa resta proprietaria dei beni

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 20 novembre 2019

 

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