Iri – L’Iri anticipa il «tax planning»

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Quest’anno le imprese minori sono chiamate a valutare l’opportunità di passare alla contabilità ordinaria, non solo per usufruire delle maggiori informazioni finanziarie rispetto alla contabilità semplificata, dell’eventuale tassazione Irap con il metodo dei soggetti Ires, dei vantaggi dell’Ace o del riporto delle perdite a nuovo per 5 anni, ma anche per evitare il regime di cassa o per optare per il regime di tassazione del reddito con Iri. Quest’ultima opzione per il 2017 dovrà essere effettuata nel modello Redditi 2018 relativo al 2017. Anche se formalmente queste opzioni dovranno essere effettuate il prossimo anno (e concretamente la contabilità ordinaria va tenuta dal 1° gennaio 2017), per sfruttare il metodo di tassazione Iri è necessario conoscere da subito le caratteristiche dell’Iri e le sue potenzialità. Aliquota al 24% Chi aderisce al regime Iri determina il reddito con le regole del reddito d’impresa, non lo fa confluire, per trasparenza, nel reddito complessivo dell’imprenditore o dei soci (non tassandolo, quindi, a Irpef progressiva per scaglioni dal 23% al 43%) e lo assoggetta a tassazione separata con l’aliquota del 24%. Dal reddito d’impresa sono deducibili gli eventuali prelevamenti dell’imprenditore o dei soci, se relativi a redditi di periodi soggetti ad Iri. In capo ai percettori questi prelevamenti costituiscono reddito, tassato a Irpef e addizionali. Se relativi a riserve di utili formati prima dell’Iri, non sono deducibili per il soggetto Iri e non sono tassati dai percettori. Dopo la fuoriuscita dal regime Iri le somme che verranno prelevate dalle riserve di utili formate durante il regime speciale, concorreranno a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei collaboratori o dei soci, nei limiti in cui le stesse sono già state assoggettate a Iri. Ai medesimi soggetti, poi, verrà riconosciuto un credito d’imposta in misura pari all’Iri che è stata versata dall’impresa. Quindi le riserve già tassate a Iri verranno tassate a Irpef nel momento del loro prelievo, come accade durante la vigenza del regime, con la differenza che questi prelievi non saranno deducibili dal reddito d’impresa, ma su questi verrà calcolato un credito d’imposta del 24%, che spetterà ai percettori del prelevamento. Stop ai prelievi Se si opta per l’Iri, quindi, in caso di prelievo di tutti gli utili prodotti durante questo regime (in assenza di riserve precedenti), la tassazione finale risulta simile a quella Irpef per trasparenza. Viceversa, se non viene prelevato nulla la tassazione resta del 24%. In assenza di riserve precedenti, quindi, vanno bloccati i prelievi di utili nel 2017 e negli anni successivi, altrimenti l’apparente vantaggio immediato della tassazione al 24% sarà vanificato dal successivo assoggettamento a Irpef proporzionale (e relative addizionali) in caso di prelievo di tutti gli utili tassati a Iri. Ace L’agevolazione Ace, con le regole dei soggetti Ires, si applica anche al reddito d’impresa assoggettato a Iri, quindi il tenere l’utile in azienda senza prelevarlo, oltre a mantenere la tassazione al 24%, aumenterà, per 5 anni, anche la base imponibile Ace, su cui moltiplicare il 2,3% (2,7% dal 2018), per calcolare la deduzione Ace. Investimenti aziendali Una volta capita la convenienza a mantenere gli utili in azienda (per beneficiare dell’Iri e dell’Ace) va prestata attenzione a come si utilizzano questi denari, in quanto si possono effettuare investimenti produttivi o immobiliari, ma dal 2016 l’aumento del capitale proprio non ha effetto fino a concorrenza dell’incremento dei «titoli e valori mobiliari, diversi dalle partecipazioni, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo al quinto esercizio precedente». Tra gli investimenti in titoli e valori mobiliari che riducono la base imponibile Ace vi rientrano quelli in titoli di Stato o in fondi comuni di investimento, mentre non dovrebbero essere compresi gli aumenti dei conti correnti e dei depositi bancari o postali. Non vi dovrebbero rientrare neanche gli investimenti in polizze assicurative, ma serve sul punto un chiarimento delle Entrate. Al fuori di questa regola, costituiscono sempre un decremento della base imponibile Ace «gli acquisti di partecipazioni in società controllate».

LE OPZIONI L’opzione Iri è vincolante per 5 anni, mentre quella per la contabilità ordinaria non dovrebbe essere vincolante per 3 anni, ma trattandosi di un regime contabile dovrebbe avere «la durata minima di un anno» (istruzioni rigo VO20 di Iva 2017, articolo 3, Dpr 442/97 e circ. 209/98). In ogni caso, si deve restare in ordinaria per 5 anni a causa del vincolo imposto dall’Iri
I CONTRIBUTI Gli imprenditori individuali (compresi i collaboratori familiari) e i soci lavoratori delle imprese che optano per l’imposta sul reddito d’impresa, iscritti alle gestioni Inps degli artigiani e dei commercianti, non devono considerare questo regime per il calcolo dei relativi contributi previdenziali
FORFETTARI O MINIMI Un imprenditore o un professionista forfettario o minimo dovrebbe poter essere socio di una società che ha optato all’Iri, in quanto quest’ultima non imputa il reddito per trasparenza ai soci. Dovrà essere chiarito se la permanenza nei suddetti regimi sia condizionata al non prelievo di utili già assoggettati a Iri
GLI ONERI Se l’imprenditore o il socio di società, in regime Iri, ha oneri deducibili o detraibili da scomputare dal reddito complessivo o dall’Irpef, deve valutare attentamente se ha altri redditi imponibili a Irpef a questo fine, altrimenti deve programmare dei prelievi dall’impresa in regime Iri per aumentare il proprio reddito

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 11 maggio 2017

 

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