Fatture semplificate, la soglia sale a 400 euro

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Via libera all’aumento da 100 a 400 euro dell’ammontare massimo complessivo delle fatture semplificate, cioè quelle che possono essere emesse senza l’importo dell’imponibile Iva e senza il «nome» e la «sede» del cessionario/committente. A prevederlo è il decreto del Mef 10 maggio 2019, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale di ieri e immediatamente in vigore. Nella fattura elettronica semplificata, il campo «Tipodocumento» va compilato con il codice TD07 (TD08 per la nota di credito semplificata). Rispetto alla fattura ordinaria, quella semplificata non riporta l’importo dell’imponibile Iva, in quanto basta indicare l’ammontare del «corrispettivo complessivo e dell’imposta incorporata», ovvero i «dati che permettono di calcolarla». Grazie a questa caratteristica, per evitare lo scarto da parte del Sdi delle note di accredito emesse per sola Iva dopo la chiusura di una procedura concorsuale (scarto causato dall’imponibile Iva pari a zero), l’agenzia delle Entrate ha chiarito che è «possibile emettere una fattura elettronica con solo Iva, utilizzando il tipo documento “Fattura semplificata”» (risposta 2.22 delle Entrate all’evento del Cndcec del 15 gennaio 2019; si veda anche la Faq n. 27 del 27 novembre 2018). Al posto delle fatture elettroniche ordinarie, i soggetti obbligati a «certificare i corrispettivi» possono rilasciate al cliente le e-fatture semplificate «contestualmente alla consegna del bene o all’ultimazione della prestazione» e non successivamente (circolare 4 aprile 1997, n. 97/E, paragrafo 4.3, confermata anche dalla circolare 24 giugno 2014, n. 18/E), se vogliono che questi documenti sostituiscano la «certificazione dei corrispettivi», cioè il rilascio, obbligatorio quando previsto, dello scontrino o della ricevuta fiscale ovvero del «documento commerciale» (oggi possibile solo su opzione, dal primo luglio 2019 obbligatorio per i soggetti che effettueranno «le operazioni di cui all’articolo 22», Dpr 633/1972 con volume d’affari superiore a 400mila euro e dal 2020 anche per volumi d’affare superiori). Soprattutto in questi casi, per velocizzare e semplificare l’emissione della fattura semplificata, l’articolo 21-bis del dpr 633/1972 prevede che, se il cessionario/committente è un «soggetto stabilito nel territorio dello Stato può essere» indentificato con il «solo codice fiscale o il numero di partita Iva», senza indicare la «ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio». Con l’avvento della fattura elettronica (ordinaria o semplificata) il «codice fiscale o il numero di partita Iva» sono obbligatori e non più alternativi rispetto alla «ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio» (si veda Il Sole 24 Ore del 6 giugno 2018). Deve ritenersi superata, quindi, la risposta 5 della risoluzione del 5 luglio 2017, n. 87/E, in cui si obbligava a «indicare esplicitamente Nome, Cognome o Denominazione qualora gli identificativi fiscali non fossero indicati».

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 25 maggio 2019

 

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