Cedolare secca: tassazione solo al 10% per gli affitti di abitazioni a canone concordato

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Per i contratti di locazione a canone concordato, la percentuale della cedolare secca, cioè l’imposta sostitutiva dell’Irpef sugli affitti di abitazioni, è stata ridotta dal 2014 dal 15% al 10% (dal primo gennaio 2013 era già diminuita dal 19% al 15%). A differenza della riduzione del 2013 al 15%, che è prevista a regime, però, quella applicata dal 2014 al 10% varrà solo per il quadriennio che va dal 2014 al 2017 (articolo 9, decreto legge 28 marzo 2014, n. 47).

La dichiarazione

Quest’anno, nel modello 730 2016 (Unico PF 2016) è possibile indicare solo il codice identificativo del contratto di locazione (composto da 17 caratteri), al posto degli estremi di registrazione dello stesso. Ciò è possibile solo se il contratto di locazione è stato registrato tramite le procedure telematiche Siria, Iris, Locazioni web o Contratti online oppure tramite il nuovo modello RLI.

Nel 730 dello scorso anno, relativo al 2014 (modello Unico PF 2015, per il 2014), ai fini della tassazione fissa con la cedolare secca, al posto dell’Irpef progressiva (come anche per beneficiare della riduzione del 30% del reddito di locazione da contratti a canone “concordato”), era necessario indicare, nelle colonne da 3 a 6 dei righi da B11 a B13 del 730 2015 (da B21 a B29, per Unico 2015), gli estremi di registrazione del contratto di locazione, costituiti dalla data di registrazione, la serie, il numero, il sottonumero e il codice ufficio.

Dai redditi relativi al 2015 (730 2016 o Unico PF 2016), invece, questi dati devono essere inseriti solo se non si è ricevuto il “codice identificativo del contratto”. Ciò può accadere, ad esempio, per i vecchi contratti, per i quali, nella copia restituita dall’ufficio dopo la registrazione, non veniva indicato il “codice identificativo del contratto”. Se, invece, è presente questo codice (quindi, in tutti i casi di registrazione telematica, con Siria, Iris, Locazioni web o Contratti online ovvero tramite il modello RLI), questo deve essere inserito nella nuova colonna 7 del modello 730 2016 (Unico PF 2016), al posto di tutti gli altri estremi di registrazione.

Aliquote

Secondo l’articolo 3, comma 2, decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, l’aliquota del 10% (15% dal 2018), al posto di quella ordinaria del 21%, si applica solo per i contratti a canone concordato (articoli 2, comma 3, e 8, Legge 9 dicembre 1998, n. 431), relativi ad abitazioni ubicate in uno dei Comuni di cui all’articolo 1, lettere a) e b), decreto legge 30 dicembre 1988, n. 551 (non le lettere c e d), quindi:

  1. nei Comuni di “Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, nonché nei comuni confinanti con gli stessi”;
  2. negli “altri Comuni capoluogo di Provincia”.

Oltre a questi Comuni, poi, secondo l’articolo 3, comma 2, decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, l’aliquota del 10% (15% dal 2018) si applica anche agli affitti a canone concordato di abitazioni ubicate “negli altri Comuni ad alta tensione abitativa individuati” dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), il quale li ha elencati nella delibera Cipe del 13 novembre 2003, n. 87. L’aggiornamento biennale di questo elenco, previsto dall’articolo 8, comma 4, Legge 9 dicembre 1998, n. 431, però, non è più stato effettuato dal Cipe, il quale attende l’elenco da parte del Ministero delle Infrastrutture, che ha avviato un tavolo tecnico con le Regioni per definire «la metodologia da assumere per l’aggiornamento, che riveste profili anche di competenza del ministero dell’Economia e delle finanze». Non è stata attuata neanche la previsione dell’aggiornamento contenuta nel decreto per l’emergenza abitativa del 2014 (articolo 9, comma 2-bis, decreto legge 28 marzo 2014, n. 47), che diede tempo al CIPE fino al 27 giugno 2014 per aggiornare “l’elenco dei Comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE 13 novembre 2003, n. 87”.

Stato di emergenza per calamità

La super riduzione dell’aliquota al 10% per gli anni dal 2014 al 2017 “si applica anche ai contratti di locazione stipulati nei Comuni” (anche non «ad alta tensione abitativa») per i quali sia stato deliberato dal 28 maggio 1999 in poi (cioè negli ultimi 5 anni precedenti al 28 maggio 2014), “lo stato di emergenza, a seguito del verificarsi degli eventi calamitosi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225” (articolo 9, comma 1-bis, decreto legge 28 marzo 2014, n. 47). Dal 2018, quando la tassazione salirà a regime al 15%, questi contratti non saranno più agevolati e si dovrà applicare l’aliquota ordinaria del 21 per cento.

Anche se per la norma, l’agevolazione temporanea (2014-2017) nei Comuni con “stato di emergenza” per “eventi calamitosi”, sembra essere possibile non solo per i contratti a canone concordato, ma per tutti i contratti, secondo la risposta dell’agenzia delle Entrate a Telefisco 2016, è necessario che vi sia un contratto a canone concordato, indipendentemente dal fatto che l’abitazione oggetto del contratto sia ubicata in un Comune in cui siano “definiti accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori per la determinazione del canone”. In assenza di questi accordi, infatti, per le Entrate è possibile fare riferimento “all’accordo vigente nel Comune demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale, anche situato in altra regione, secondo i principi stabiliti dall’art. 1, comma 2 del decreto Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, emanato di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, del 14 luglio 2004 (circolare 8 aprile 2016, n. 12/E, risposta 3.1).

Per beneficiare dell’aliquota del 10% per eventi calamitosi, inoltre, non è necessario alcun aggiornamento di alcun elenco da parte del Cipe per individuare questi Comuni, in quanto la norma contenuta nell’articolo 9, comma 2-bis, decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, prevede l’aggiornamento dell’ “elenco dei Comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE 13 novembre 2003”, che è diverso rispetto al non previsto elenco dei Comuni “per i quali sia stato deliberato” dal 28 maggio 1999 al 28 maggio 2014, “lo stato di emergenza a seguito del verificarsi degli eventi calamitosi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225”.

Affitti a studenti universitari o ai Comuni

Dal 28 maggio 2014, poi, l’opzione per la cedolare secca è possibile anche “per le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro”, a patto che queste abitazioni vengano “sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei Comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione” (articolo 3, comma 6-bis, decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23).

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 27 aprile 2016

 

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