All’Agenzia i dati delle vendite online

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Tramite marketplace, i portali che facilitano le «vendite a distanza» di beni importati o di beni già all’interno della Ue dovranno comunicare alle Entrate trimestralmente i dati dei fornitori dei beni ceduti. In particolare, i soggetti passivi che, gestendo «un’interfaccia elettronica, quale un mercato virtuale» (marketplace), «una piattaforma, un portale o mezzi analoghi», facilitano le «vendite a distanza» di «beni importati» o di beni che sono già all’interno della Ue, dovranno inviare telematicamente alle Entrate, entro il mese successivo a ciascun trimestre, un’apposita comunicazione, contenente per ciascun fornitore di questi beni, i seguenti dati: 1 la denominazione o i dati anagrafici completi, la residenza o il domicilio, il codice identificativo fiscale ove esistente, l’indirizzo di posta elettronica; 2 il numero totale delle unità vendute in Italia; 3 a scelta del soggetto passivo, per le unità vendute in Italia, l’ammontare totale dei prezzi di vendita o il prezzo medio di vendita. Si tratta di un’anticipazione parziale della direttiva 2017/2455/UE, con la quale, dal 1° gennaio 2021, la responsabilità per il versamento dell’Iva verrà estesa alle piattaforme digitali utilizzate per facilitare le vendite dei beni tramite internet. In pratica, dal 2021 il «soggetto passivo, che facilita» le «vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi, con spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 euro» ovvero le «cessioni di beni, effettuate nella Comunità da un soggetto passivo non stabilito nella Comunità a una persona che non è un soggetto passivo», sarà considerato quello che ha «ricevuto e ceduto» i beni. La legge di conversione ha soppresso il comma 2 del testo originario dell’articolo 13 del decreto crescita, il quale prevedeva che il primo invio di questi dati dovesse «essere effettuato nel mese di luglio 2019», quindi, con riferimento al secondo trimestre 2019, in pieno contrasto con le regole dello Statuto del contribuente. Ora, i termini e le modalità di invio di questa nuova comunicazione saranno stabiliti da un provvedimento del direttore delle Entrate. Nel caso in cui il soggetto passivo ometta di trasmettere i dati delle vendite a distanza, presenti sulla piattaforma, sarà considerato debitore d’imposta per le operazioni non inviate. Lo stesso vale per gli invii effettuati in modo incompleto. Questa pesante conseguenza può essere evitata solo se dimostra che l’imposta è stata assolta dal fornitore. Il decreto crescita, poi, ha prorogato al 1° gennaio 2021 l’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 11- bis, commi da 11 a 15, del Dl 135/18 con le quali era stata anticipata parzialmente la direttiva 2017/2455, attribuendo il ruolo di responsabili dell’Iva alle piattaforme digitali per le vendite a distanza di telefoni cellulari, console da gioco, tablet, Pc e laptop, importati da territori terzi o Paesi terzi, di valore intrinseco non superiore a euro 150 e per le cessioni degli stessi beni, effettuate nella Ue da un soggetto passivo non stabilito nella Ue una persona che non è un soggetto passivo. Il decreto crescita, però, ha stabilito che il soggetto passivo che ha facilitato tramite l’uso di un’interfaccia elettronica, le «vendite a distanza» indicate nell’articolo 11-bis, commi da 11 a 15, del Dl 135/18 nel periodo tra il 13 febbraio 2019 e la data di entrata in vigore del decreto crescita dovrà inviare i dati relativi a queste operazioni, secondo le regole che verranno determinate dal provvedimento delle Entrate, relativo alla comunicazione nel decreto.

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 10 luglio 2019

 

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