Via libera ai contratti di locazione a canone libero di 4 anni, con tacito rinnovo di altri 4 anni, per la deduzione del 20% per l’acquisto di abitazioni da locare a canoni

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Via libera ai contratti di locazione a canone libero di durata di 4 anni, con tacito rinnovo di altri 4 anni, ai fini della deduzione del 20% del costo di acquisto di abitazioni da dare in locazione per 8 anni a canoni bassi. In una risposta fornita ieri dall’agenzia delle Entrate al Sole 24 Ore, infatti, è stato chiarito che il requisito della destinazione alla “locazione per almeno otto anni” può essere rispettato con qualsiasi tipo di contratto di locazione, “ricomprendendo anche le ipotesi in cui il contratto abbia tale periodo di efficacia per effetto di proroghe, previste per legge o concordate tra le parti”.

Destinazione a locazione

L’unità immobiliare acquistata, ristrutturata o costruita deve essere “destinata” alla “locazione per almeno otto anni” entro “sei mesi dall’acquisto o dal termine dei lavori di costruzione” (la fine dei lavori è individuata con la “data del rilascio del certificato di agibilità” ovvero con quella in cui si è “formato il silenzio assenso”, ai sensi dell’articolo 25, dpr n. 380/2001). Quindi, ad esempio, per un acquisto effettuato il 31 dicembre 2017, il contratto di locazione deve essere stipulato entro il 30 giugno 2018. Per gli immobili “acquistati” prima 3 dicembre 2015 (data di pubblicazione del decreto 8 settembre 2015 nella Gazzetta Ufficiale), i 6 mesi decorrono dal 3 dicembre 2015; questa eccezione, però, non si applica nel caso in cui la fine dei lavori di costruzione sia avvenuta prima del 3 dicembre 2015 (articolo 6, comma 2, decreto 8 settembre 2015).

La destinazione alla “locazione per almeno otto anni” deve avere “carattere continuativo”, nel senso che non si perde la deduzione se, “per motivi non imputabili al locatore, il contratto di locazione si risolve prima del decorso” degli 8 anni, a patto che ne venga “stipulato un altro entro un anno dalla data della suddetta risoluzione”. Quindi, “eventuali interruzioni del periodo di locazione, per motivi non imputabili al locatore, purché ciascuna inferiore ad un anno, non determinano la decadenza del diritto alla deduzione” (articolo 2, comma 6, decreto 8 settembre 2015).

Il canone di locazione, poi, non può essere superiore a quello indicato nella “convenzione comunale” stipulata ai fini del rilascio del permesso di costruire relativo agli “interventi di edilizia abitativa convenzionata” (articolo 18, dpr 6 giugno 2001, n. 380) ovvero, in alternativa alla precedente condizione, non può essere superiore né a quello previsto per i contratti a canone convenzionale o concordato (articoli 2, comma 3, Legge 9 dicembre 1998, n. 431), sulla base di accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni degli inquilini più rappresentative a livello nazionale, né a quello “speciale” stabilito per le unità abitative realizzate o recuperate nei Comuni ad alta tensione abitativa (articolo 3, comma 114, Legge 24 dicembre 2003, n. 350), quindi, non può essere superiore al minore di questi due ultimi importi. Grazie all’entrata in vigore del decreto attuativo, il bonus è ora utilizzabile anche a quelle abitazioni per le quali non è applicabile nessuno dei tre suddetti canoni limite, in quanto è stato stabilito che “nei Comuni in cui non” sono stati definiti accordi per i canoni convenzionali o concordati (articolo 2, comma 3, Legge 9 dicembre 1998, n. 431), si deve fare riferimento “all’accordo vigente nel comune demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale anche situato in altra regione” (articolo 7, comma 3, decreto 8 settembre 2015).

Anche se la norma parla di “destinazione” alla locazione per 8 anni (non di “stipula” del relativo contratto), si ritiene che entro 6 mesi dall’acquisto debba essere stipulato un contratto di affitto per 8 anni.

L’agenzia delle Entrate, nelle risposte del 20 aprile 2016 al Sole 24 Ore, ha confermato che il requisito della destinazione alla “locazione per almeno otto anni” può essere rispettato con qualsiasi tipo di contratto di locazione, “ricomprendendo anche le ipotesi in cui il contratto abbia tale periodo di efficacia per effetto di proroghe, previste per legge o concordate tra le parti”. Quindi, non vi sono vincoli alla tipologia del contratto da utilizzare, il quale può essere ad esempio a canone concordato o a canone libero, a patto che venga rispettato il requisito della durata minima di 8 anni. Quest’ultimo si considera rispettato, sia se il contratto ha “tale periodo di efficacia per esplicito accordo delle parti”, sia se è “la legge a prevedere una proroga di diritto almeno fino a otto anni”. Già nella circolare 2 marzo 2016, n. 3/E, risposta 1.13, è stata considerato rispettato questo requisito per un contratto a canone concordato con una durata iniziale di 6 anni, considerando che il rinnovo tacito di due anni. Conseguentemente, dovrebbero essere esclusi i contratti a canone concordato con la classica durata minima iniziale di 3 anni, con proroga di 2 anni (totale pari a 5 anni). Nella risposta di ieri, l’agenzia ha confermato che rispetta il vincolo della destinazione alla locazione per 8 anni, anche un contratto a canone “libero”, con la durata minima iniziale di 4 anni, rinnovabile, come previsto dalla norma sulle locazioni, per altri 4 anni.

Ad esempio, se viene scelto un contratto a canone concordato non può essere scelta la durata minima prevista dalla legge, che è di 3 anni, rinnovabile per altri 2 anni (quindi, inferiore agli 8 anni), ma deve essere scelta una durata iniziale di 6 anni, considerando che la norma prevede che “alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per due anni” (“fatta salva la facoltà di disdetta da parte del locatore che intenda adibire l’immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all’articolo 3”, Legge 9 dicembre 1998, n. 431, “ovvero vendere l’immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3”). Solo così, infatti, viene “rispettato il requisito della durata minima del contratto di locazione pari ad anni otto” (circolare 2 marzo 2016, n. 3/E, risposta 1.13).

Se, invece, viene scelto un contratto a canone “libero”, si può applicare la durata minima generica che prevede un periodo iniziale di 4 anni, rinnovabile, “come previsto dalla norma sulle locazioni, per altri 4 anni” (risposta del 20 aprile 2016 al Sole 24 Ore). Solo con il rinnovo (in generale, obbligatorio per il proprietario), si arriva agli 8 anni. Naturalmente, anche se si parla di canone “libero”, questo dovrà rispettare i canoni massimi previsti dall’articolo 21, comma 4, lettera e), decreto legge 12 settembre 2014, n. 133.

Soggettività del cedente o dell’impresa di ristrutturazione dell’unità immobiliare

L’agenzia delle Entrate, nelle risposte del 20 aprile 2016 al Sole 24 Ore, ha precisato che la deduzione dal reddito complessivo delle persone fisiche, in 8 anni, del 20% del costo di acquisto o di ristrutturazione di abitazioni (non con categorie catastali A/1, A/8 e A/9 e non ubicate in zone agricole), da dare in locazione (non tra genitori e figli) per 8 anni a canoni bassi, seguendo norme specifiche sull’entità massima del canone (articolo 21, decreto legge 12 settembre 2014, n. 133), è riconosciuta “a prescindere dal soggetto cedente l’unità immobiliare”.

Sono state così corrette, indirettamente, le errate condizioni contenute nelle istruzioni di Unico PF e del 730, relativi al 2014, e della prima versione definitiva dei modelli relativi al 2015, approvati con il provvedimento del 15 gennaio 2016, per il 730 2016, e con il provvedimento del 29 gennaio 2016, per Unico PF 2016. In queste istruzioni, infatti, si imponeva che l’acquisto dell’abitazione dovesse essere effettuato solo presso “imprese di costruzione” o “cooperative edilizie” ovvero che la ristrutturazione dovesse essere effettuata solo da “imprese di ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie”.

In realtà, la legge di conversione della norma che aveva introdotto questo bonus aveva eliminato questi due vincoli legati al soggetto cedente o a quello che ha effettuato i lavori di ristrutturazione (come segnalato nel Sole 24 Ore del 13 maggio, del 7 ottobre 2015 e del 26 febbraio 2016).

Conseguentemente, con i provvedimenti del 9 marzo 2016 e del 31 marzo 2016 sono state corrette le istruzioni dei modelli 730 2016 e Unico PF 2016, relativi al 2015, eliminando queste due condizioni. Non sono ancora state modificate le istruzioni al modello 730 2015 e Unico PF 2015, relativi al 2014.

Nella risposta di ieri, quindi, l’agenzia delle Entrate ha precisato che “neanche il DM attuativo dell’8 settembre 2015 ha imposto una specifica qualifica in capo al cedente, cosicché si può ritenere che il beneficio è riconosciuto a prescindere dal soggetto cedente l’unità immobiliare” (e si ritiene anche dal soggetto che ha eseguito i lavori di ristrutturazione).

La risposta, però, è generica e dovrebbe essere riferita solo alla normativa oggi in vigore. Non precisa, infatti, che le due suddette condizioni dovrebbero valere per gli acquisti e le ristrutturazioni effettuate dal primo gennaio 2014 all’11 novembre 2014. In questo periodo, infatti, le due condizioni erano pienamente operative ai sensi dell’originario articolo 21, comma 1, decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (entro in vigore il 13 settembre 2014, ma efficace per gli acquisti effettuati dal primo gennaio 2014), il quale è stato poi modificato dalla legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164, solo a decorrere dal 12 novembre 2014. Le modifiche apportate a un “decreto legge in sede di conversione”, infatti, “hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione” (cioè non sono retroattive, ex tunc), “salvo che quest’ultima non disponga diversamente” (articolo 15, comma 15, Legge 23 agosto 1988, n. 400).

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 22 aprile 2016

 

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