Coniugi con casa in comunione di beni: il reddito da locazione va diviso tra i 2 coniugi, anche se il contratto è firmato solo da uno

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Se l’immobile è in comunione legale di beni tra i due coniugi, il reddito relativo all’affitto dello stesso va diviso tra i due comproprietari e non va dichiarato da quello che ha stipulato il contratto di locazione. Sono questi i chiarimenti della Cassazione, nella sentenza 11 febbraio 2016, n. 2771.

Il caso

Il caso riguarda due coniugi che possiedono in comunione legale di beni un lastrico solare, che è stato dato in affitto solo dalla moglie, cioè con regolare contratto di locazione intestato solo a quest’ultima. Considerando la presenza della comunione dei beni, i contribuenti hanno dichiarato il relativo reddito di locazione, dividendolo in parti uguali tra di loro. Secondo l’articolo 4, comma 1, lettera a), Tuir, i “redditi dei beni che formano oggetto della comunione legale” (articoli 177 e seguenti del Codice Civile), infatti, sono imputati “a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto”.

Le Entrate, invece, hanno accertato la mancata dichiarazione, in capo alla moglie, dei canoni che sono stati dichiarati invece dal marito, pari al 50% dei canoni totali.

La sentenza della Commissione tributaria di Napoli, impugnata in Cassazione, ha dato ragione all’agenzia delle Entrate. Anche se l’immobile era in comproprietà tra i due contribuenti, infatti, il contratto di locazione era stato stipulato dalla sola moglie. Nel contratto, peraltro, quest’ultima aveva “anche dichiarato di avere la piena e completa disponibilità dell’immobile” e aveva richiesto che il canone fosse “accreditato su un conto corrente intestato” alla stessa. Inoltre, nel ricorso alla CTR non era stata provata “l’effettiva ripartizione del menzionato reddito tra lei e il coniuge”. Secondo la CTR, quindi, non è possibile “presumere la ripartizione del reddito in argomento tra i coniugi”, basandosi sul solo fatto che il bene è cointestato, a seguito della comunione dei beni.

Vi è, quindi, “la necessità di autonoma imputazione del reddito di locazione rispetto al titolo reale di possesso”, nei casi in cui la percezione del reddito risulti “concretamente differenziata” rispetto alle percentuali di proprietà del bene. Non vi è alcun ostacolo ad “attribuire il reddito derivante dalla concessione in locazione, non solo in capo a un soggetto del tutto diverso dal legittimo proprietario” (si veda anche la Cassazione 15 dicembre 2003, n. 19166), ma “anche in capo ad alcuni soltanto dei comproprietari, che risultino essere effettivi locatari e percettori dei redditi che dalla locazione derivano”.

La Corte di Cassazione, con sentenza 11 febbraio 2016, n. 2771, però, ha cassato la sentenza della CTR impugnata, affermando l’applicazione dell’articolo 4, comma 1, lettera a), Tuir, secondo il quale i “redditi dei beni che formano oggetto della comunione legale” (articoli 177 e seguenti del Codice Civile) sono imputati “a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto”.

 

Approfondimento dello Studio De Stefani all’articolo di Luca De Stefani su Il Sole 24 Ore del 13 febbraio 2016

 

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